I vini autoctoni del Salento.
NEGROAMARO
Le prime notizie scientifiche sono del 1870. Diffuso già nel
barese, in particolare a Barletta dove venne chiamato Purcinara e ne napoletano
(prcisamente sul monte Barbaro, patria del decantato Falerno) Olivetta.
Il nome salentino deriva dal suo colore scurissimo (niger,
latino e mavros, graco che significano “nero”) . Si conoscono poco più di 70 ceppi rappresentativi dei diversi biotipi di
Negro amaro ubicati in diverse località della provincia di Lecce.
Recenti ricerche (prof. Di Stefano, Istituto Sperimentale di Enologia di Asti)
riferiscono a questo vitigno grandi qualità di antiossidante e lo segnalano
come ricco di sostanze antiallergiche e antimutagene, oltre che per le
proprietà di cardiotonico, dovute alla presenza di resveratrolo.
PRIMITIVO
Il nome deriva dalla precocità delal raccoltas . Antichissimo. Giunto nel Salento più di duemila
anni fa dalle terre dalmate, portato qui dagli Illiri. Da dove giunsero, come
sappiamo, anche quelle popolazioni che si fusero con le genti indigene dando
così origine all’antica civiltà messapica. Appena giunge settembre sulla
pianta il frutto è già maturo. Al gusto la polpa è dolce e succosa. Il colore
dell’acino e di un rosso intenso vinoso.
Come il suo vino. La
forma dell’acino è rotonda. Il vino che se ne ricava sviluppa aromi di grande
complessità, particolarissimi. Ad avvalorare la tesi della sua origine
balcanica ecco la somiglianza anzi identità che il vitigno dimostra con il
vitigno croato denominato “Plavac mali". Recenti analisi del DNA
avvalorano anche l’ipotesi di una identità del Primitivo salentino con lo
Zinfadel, vitigno originario, come si sa, dell’Ungheria.
Il carattere del Primitivo è quello stesso del terreno che esso ha scelto per
insediarvisi e che predilige. Ama l’argilla profonda e il calcare rugoso. Il
suo vino è amabile e corposo. È anche molto alcolico. È speziato, strutturato,
gentile e forte.
Un tempo vino da taglio, grazie al lavoro dei nostri enologi e delle nostre
cantine il Primitivo è oggi un gran vino di qualità.
MALVASIA BIANCA DI LECCE
Nella grande famiglia
delle Malvasie si distinguono, come si sa, quelle bianche e quelle a frutto
colorato. Anche per questo vitigno si vantano storiche e lontane origini e
ancora una volta, come già per il Negro amaro e per il Primitivo, le strade
conducono alla Grecia, in questo caso anzi al Mediterraneo orientale. L’epoca è
quella sul finire del Medioevo, quando navi genovesi e veneziane solcavano e
dominavano i mari. Lo stesso nome, Malvasia, deriverebbe, si dice, dal termine
greco “Monenbasia”, che significa “porto ad una sola entrata”.
E si attribuisce proprio ai veneziani l’uso del termine Malvasia per denominare
i vini provenienti dal Mediterraneo orientale. Era il tempo in cui le navi
delle repubbliche marinare, tra beni di lusso e spezie e lane e altri scambi di
merci, erano cariche anche di questi vini dolci diretti ai paesi del
Nord-Europa: proprio “perché i vini del Mediterraneo erano più dolci, più
pesanti e a più alta gradazione alcolica, il che significava che viaggiavano
meglio, duravano più a lungo e perciò erano più pregiati” (Unwin, Storia del
vino, 1993). E così soppiantarono, nel gusto e nel valore di mercato, i vini
bianchi secchi dell’Europa del Nord, della Guascogna e della Germania. Quanto
alla nostra Malvasia Bianca il biotopo è stato individuato nella zona di
Fontanebianche nel Siracusano. Presenta foglia media, pentagonale, pentalobata,
grappolo di medie dimensioni e compattezza, acino di taglia media e forma
sferoidale, a buccia leggermentge pruinosa di colore verde giallastro.
Il vitigno entra nella composizione della DOC Leverano.
MALVASIA NERA DI LECCE
Grande e diffusa in tutta Italia è la famiglia delle Malvasie, la cui
provenienza ed origine è, come si è detto, dal Mediterraneo Orientale: la
coltivazione del vitigno è diffusa dal Piemonte alla Puglia, dalla Sicilia al
Lazio e alla Toscana e molti studiosi, tra ‘800 e ‘900, si sono cimentati nella
individuazione dei tanti numerosi e diveri vitigni così denominati. A volte
esse hanno sapore semplice, a volte aromatico o debolmente aromatico. Diverse
anche, tra loro, le attititudini alla vinificazione. Tra le Malvasie a frutto
colorato, nero o rosso, si ritrovano anche la Malvasia Nera di Lecce, la Nera
di Brindisi e Nera di Basilicata. Non si ritrova, nella Nera di Lecce, quel
sapore di moscato amarognolo tipico di quasi tutte le Malvasie diffuse in
Italia e in Spagna. E se ne ricava un vino di colore rosso rubino carico,
abbastanza tannico. Raramente in purezza, si utilizza in uvaggi con altri
vitigni e anche nella produzione dei Rosati.
Concorre nelle DOC Squinzano, Salice Salentino, Leverano, Copertino, Alezio,
Nardò. La sua foglia è di taglia media, pentagonale, quinquelobata. Il grappolo
è di taglia grossa e l’acino, di colore blu scuro, si presenta con forma
ellittica e buccia consistente e fortemente pruinosa.
ALEATICO
Morbido, vellutato, dolce al gusto è il vino che si ricava dalle uve dell’
Aleatico, anch’esso nobile e antichissimo vitigno la cui coltivazione si dice
sia stata introdotta in Italia dai Greci (“uva liatica di provenienza greca”,
nella citazione del Trinci, 1726).
Il vitigno si diffuse in particolare nel Lazio e in Puglia.
Il nome potrebbe derivare da Luglio (in greco iouliatico), mese della sua
maturazione.
Ai profani il grappolo, di forma allungata, si riconosce dagli acini
sferoidali: con buccia di colore blu molto pruinosa e di medio spessore. Del
vitigno si conosce anche, in Toscana, una versione a bacca bianca detta
Liatico. Il nostro dolce Aleatico ha un’età di maturazione medio-tardiva e per
agevolarla predilige climi caldi e una buona esposizione. Offre vini prelibati
e le sue uve si gustano anche a tavola: per il gradevole sapore moscato e per
quell’aroma così esclusivo e particolare. Di una uva Levatica a frutto bianco
parlano le fonti (Pier de Crescenzi,1492). Nulla a che vedere comunque con quel
vino, citato da Plinio, che i Greci chiamavano “aigleucos”, parola con cui si
indicava il suo essere “sempre mosto” e che, nel gusto degli antichi, si
collocava “a metà strada tra i vini dolci e il vino vero e proprio”.


