mercoledì 9 settembre 2015

Five Roses, il primo rosato imbottigliato.

Quella che segue è una sintesi di Gianni Ferraris del bel libro commemorativo del Five Roses pubblicato dalla Cantina Leone De Castris.

Quando vidi la bottiglia, lessi distrattamente l’etichetta e feci una rapida associazione con il “four roses”. “Strano”, mi dissi,  “un bourbon a tavola? Sono capitato in una cena di alcoolisti?”. 
Eppure conoscevo bene gli amici che mi avevano invitato  in quel bellissimo giardino.”Sarà per il dopo” mi dicevo. La cena era in piedi, come si conviene nelle sere estive in giardino. Il piatto di plastica nella mano destra che fatalmente si piega sotto il peso del trancio di pizza e di qualche altra cosa. Devi essere un contorsionista per non far cadere tutto. Nella stessa mano il finto coltello, ovviamente di plastica, che non taglierebbe  neppure il burro. Il bicchiere nell’altra, rigorosamente in bilico anche lui. E’ una delle occasioni in cui ti rendi conto di quanta necessità ci sarebbe di una terza mano. Il pane non ce la facevo a tenerlo. Dovevo riorganizzarmi. Il tovagliolo, ripiegato, era riposto provvisoriamente in tasca. E mentre si è in equilibrio precario arriva sempre il ritardatario che ti saluta  tendendoti la mano.  Per risposta un cenno del capo e un sorriso “mi manca anche la quarta mano, le altre tre sarebbero già impegnatissime” sorrido.  Va bene lo stesso, la compagnia era piacevole, la musica anche. E, come in molte cene in piedi nelle serate estive, non si parlava si cose serie. Finalmente, solo amene facezie. Finchè uno degli amici mi si avvicina con la bottiglia incriminata e mi riempie il bicchiere all’orlo. Nel frattempo avevo guadagnato un gradino di cemento sul quale avevo riposto un po’ di cose e stavo tentando disperatamente e senza esito di tagliare il mio pezzo di pizza. Non ho riletto l’etichetta perché pensavo di sapere. Devo averlo guardato proprio male. “Non ti piace il rosato?” . Osservai con attenzione e mi resi conto del cambio di numero, non four, ma five. Pur non sapendo altro, sorrisi. “Non lo conosco”- tralasciando l’equivoco ovviamente -  “Sei in Salento da una vita e non conosci il five roses? Inconcepibile”. Ovviamente mi informai in seguito, giusto per non rifare la figuraccia di quello che arriva dal nord e non si rende conto di dove si trova. Per caso, nella libreria di una preziosa amica, trovai un libretto che diceva di non ricordo quale anniversario del rosato.

Le cantine Leone De Castris furono fondate nel lontano 1665. Nel 1943 proprietario degli oltre 10.000 ettari di oliveto e viti era l’avvocato Piero Leone Plantera (Pierino), marito dell’erede del casato, Maria Lisa De Castris Di Lemos. E  quell’anno l’Italia era spaccata in due. Il ricco e produttivo nord devastato dalla guerra, con i tedeschi che occupavano, i partigiani che eroicamente rendevano loro difficile la vita, l’esercito italiano sbandato e tutte le situazioni che ne derivavano. Al sud c’erano gli alleati.
 L’avvocato Pierino doveva comunque vendemmiare, anche se la situazione era drammatica. I clienti del suo vino erano piemontesi, liguri, francesi. E ordini non ne arrivavano. L’annata era buona, ottima. In più, mancavano gli uomini per la vendemmia. Sbandati, fuori Italia, abbandonati anche dal Savoia re d’Italia – periodaccio anche per l’allora  principino, lo choc per lui fu tremendo,   infatti in futuro passerà il tempo a sparare dalla sua barca contro qualche austriaco, prima di convertirsi alla gestione di videopoker e a  signorine allegre. Ma questa è altra storia.-  
 Insomma per Pierino era una situazione da incubo.


Non si perse d’animo. Con una decisione improvvisa ed  imprevista e soprattutto mal vista dagli altri latifondisti, decise di far lavorare le donne con lo stesso salario degli uomini. Non solo. La moglie Lisetta si occupò dei  figli delle lavoranti creando nella masseria una sorta di asilo in cui accudiva i bimbi e, cosa più importante, li nutriva. E ancora una decisione fuori da ogni convenzione dovette prenderla l’Avvocato. Decise che non avrebbe vinificato rosso da taglio per i vini del nord - spesso un po’ deboli. Slavati come camice verdi lasciate troppo al sole –  No, avrebbe prodotto vino rosato. E lo avrebbe imbottigliato. Era proprio pazzo quell’uomo. Nessuno in Puglia imbottiglia. Il rosato poi, roba da donnicciole.  Pazzo ma caparbio, andò avanti.  Rimanevano "piccoli" problemi da risolvere. Non c’erano bottiglie. L’industria vetraria era al nord, qui non si produceva nulla. E dal nord non arrivava uno spillo. Ho letto della mancanza di fiammiferi per esempio. Si ingegnarono utilizzando i bossoli per farne accendini.  A Brindisi, in quel tempo, c’era la base americana. E quei soldati bevevano fiumi di birra, e gettavano le bottiglie dove capitava. Pierino, aiutato da amici, pagò alcuni ragazzi a Brindisi e a Bari perché le raccogliessero e le inviassero a Salice Salentino. E ancora, la tipografia non poteva fare etichette. Non c’era carta. L’avvocato si rivolse agli americani e li convinse a fornirne una certa quantità. Anche questa era fatta. Si vendemmiò, si vinificò un ottimo rosato e si imbottigliò. Rimaneva un problemino non di poco conto. Se non arrivano dal nord a comprare, chi diavolo avrebbe  acquistato? Il cinque rose – questo il nome originale, perché la tenuta omonima era la migliore - era veramente speciale. Decise di dare due grandi feste. Invitò tutta la Lecce che contava e gli alti comandi dell’esercito liberatore. Offrì il suo rosato. Qualche giorno dopo arrivò in azienda una jeep. Ci fu una rapida trattativa che si concluse con l’ordine di 35.000 bottiglie  per le truppe americane. Avrebbe sostituito almeno in parte la birra. “Però il nome dovrebbe essere più americano” fu la richiesta.  Da allora la produzione non si fermò più. Oggi l’azienda è florida e continua a produrre Five roses.

martedì 8 settembre 2015

Settembre - Alberto Fortis

Settembre, finita l'afa assassina, il mare dolce, la falce di luna di questi giorni, vino rosso nel bicchiere. Aspettiamo l'autunno con i profumi di mosto e la convivalità ritrovata. Settembre!
Il 28 aspettiamo l'eclisse di luna? Chissà!!!
Buon autunno.


domenica 2 agosto 2015

Melanzane ripiene e fresco Rosato



La melanzana, originaria dell'India, viene introdotta dagli Arabi all'inizio del IV secolo e quindi non ha un nome latino o greco. Gli Arabi chiamano la melanzana badingian e in Italia venne inizialmente chiamata petonciana o petonciano o anchepetronciano. Per evitare fraintendimenti sulle sue proprietà, la prima parte del nome venne opportunamente mutata in mela(ovvero frutto per antonomasia) dando così origine al termine melangiana e poi melanzana. Il nome melanzana, in particolare, veniva popolarmente interpretato anche come mela non sana, proprio perché non è commestibile da cruda. Dalla forma araba con l'articolo (al-badingian) derivano invece la forma catalana (alberginia) e francese (aubergine).

 Il petonciano o melanzana è un ortaggio da non disprezzarsi per la ragione che non è né ventoso, né indigesto” -  Pellegrino Artusi.

Comunque sia noi la chiamiamo Melanzana ripiena. Ci sono ricette calabresi, liguri e di altre parti d’Italia, l’enogastronomia propone le ormai famosissime “Melanzane ripiene alla Povero”.
Accompagnate come sempre da un ottimo vino, in estate cosa megli odi un Rosato servito fresco?  Ottimo il:

KREOS
Kreos Negroamaro Rosato Salento IGT Castello Monaci.

Da Eos, figura della mitologia greca, dea dell’aurora. Sorella di Elio (il sole) e di Selene (la luna). Ogni mattina la dea piangeva inconsolabilmente la morte del proprio figlio, ucciso da Achille durante l’assedio di Troia, e le sue lacrime formarono la rugiada. Omero la chiamò la dea dalle dita rosate per l’effetto che si vede nel cielo all’alba.
Ottenuto dal 100% di uve Negroamaro, raccolte nelle primissime ore del mattino e subito portate in cantina dove vengono sottoposte a pigiatura soffice. Da un brevissimo contatto tra le bucce ed il mosto, ne nasce un vino dal colore rosa brillante, con profumi floreali e fruttati ed un sapore pieno ed elegante, con un leggero fondo fruttato che si sofferma in bocca.







martedì 28 luglio 2015

Insalata di orzo perlato e....

INSALATA MISTA ALLA "POVERO".

Orzo perlato
Feta
Pomodorini
Origano
e...



                   Abbinata con uno stupendo



venerdì 24 luglio 2015

Marco propone.... Tacchino affinato al Miele

TACCHINO AFFINATO AL MIELE
Abbinato con:
FALO’ ROSATO San Marzano


§  Sistema di Allevamento: Guyot semplice
§  Resa: 150 q/He
§  Densità Impianto: 4500
§  Terreno: Il Terreno è a Medio Impasto Argilloso, Poco Profondo E Con Buona Presenza Di Scheletro.
§  Irrigazione di Soccorso: No
§  Percentuale Alcol: 12.50 %
§  Svinatura Parziale Del Mosto Di Uve Negroamaro Dopo Macerazione Di Qualche Ora, Successiva Fermentazione In Bianco.


lunedì 20 luglio 2015

Shropshire blue e Muffato


Il Shropshire è una regione inglese nota per essere stata levatrice della rivoluzione industriale. Qui vennero costruiti il primo ponte in ferro, il primo edificio con struttura in ferro, qui il fiume navigabile portava  ovunque la produzione della moderna fusione in ferro.

A Shrewsbury, cittadina dello Shropshire, il 12 febbraio 1809 nacqua uno dei più grandi scienziati mai esistiti: Charles Robert Darwin.

Oggi rendiamo onore a questa regione proponendovi il meraviglioso erborinato  
Shropshire blue
Di caglio vegetale, vincitore di più edizioni del British Cheese Awards, è prodotto con latte vaccino. Al gusto è simile allo Stilton, forse con più carattere.
Ottimo fine pasto, anche in alternativa al dessert.
L’enogastronomia Povero lo propone con:

MUFFATO DELLA SALA 
delle cantine Antinori

CLASSIFICAZIONE

Umbria IGT

UVAGGIO

60% Sauvignon Blanc, 40% Grechetto, Gewürztraminer and Riesling

CLIMA

L'annata 2008 è stata caratterizzata da un inverno tendenzialmente mite a cui sono seguite una primavera con precipitazioni frequenti e un'estate con giornate soleggiate. Durante i mesi di settembre e ottobre, le nebbie mattutine e le saltuarie piogge alternate a giornate di sole hanno consentito alla “muffa nobile” di attaccare gli acini in modo graduale e senza rischi per la sanità dell’uva. La raccolta è iniziata la terza decade di ottobre con il Traminer, è proseguita con il Riesling e il Sauvignon e si è conclusa verso la fine di novembre con il Grechetto. Il bel tempo che ha caratterizzato tutto il periodo di raccolta ha consentito di selezionare con calma e sistematicità i grappoli migliori che avessero perfettamente raggiunto la maturazione, regalandoci delle uve di qualità eccellente.

VINIFICAZIONE

Le uve provengono da vigneti del Castello della Sala, situati tra i 200 e 350 metri s.l.m. su terreni argillosi, ricchi di fossili marini.
L’uva è stata raccolta manualmente in base all’attacco della Botrytis Cinerea. Dopo il trasporto in cantina i grappoli sono stati ulteriormente selezionati su un nastro di cernita.. a cio ha fatto seguito una leggera pigiatura senza diraspatura. Dopo la pressatura, il mosto ha fermentato per 18 giorni ad una temperatura di circa 17°C ed il vino ottenuto, ancora dolce, è stato introdotto in barrique di rovere francese (Alliers e Tronçais) dove è rimasto per circa 6 mesi prima di essere assemblato ed imbottigliato.

DATI STORICI

Il Muffato della Sala è prodotto con uve botritizzate raccolte agli inizi di novembre, per dar modo alle nebbie mattutine di favorire lo sviluppo della Botrytis Cinerea o “muffa nobile” sui grappoli. Questa muffa riduce il contenuto di acqua dell’uva e ne concentra zuccheri e aromi, conferendo al Muffato della Sala un gusto armonico e inconfondibile. La prima annata prodotta è stata il 1987 e aveva una composizione che comprendeva Sauvignon Blanc (50%), Grechetto (30%) e Drupeggio (20%). Successivamente, l’uvaggio è variato fino ad arrivare a quello attuale. Muffato della Sala è prodotto in quantità molto limitate.

NOTE DEGUSTATIVE

Colore giallo dorato. Vino di grande intensità aromatica e gustativa, caratterizzato da aromi floreali e mielosi seguiti da note fresche, quasi agrumate. E’ equilibrato pur nella sua giovinezza.


giovedì 16 luglio 2015

Sulle origini del vino

Miti greci sulle origini della vite e del vino

Internamente alla cultura greca si è soliti associare il vino a Dioniso e in effetti diversi miti ellenistici sull’origine del vino vedono coinvolta questa figura del pantheon olimpico. Tuttavia, né Dioniso era inizialmente associato al vino (si veda ad esempio Samorini & Camilla, 1995), né la scoperta del vino è contemporanea all’arrivo di questa divinità presso i Greci. Come dimostrano i dati archeobotanici, la scoperta del vino è di gran lunga antecedente la formazione della cultura greca classica e anche arcaica.
Probabilmente, i miti più antichi sono quelli che non associano la scoperta del vino a Dioniso; miti di cui ci sono pervenuti solo pochi e dispersi elementi. In uno di questi, un ceppo di vite fu partorito da un animale, una cagna, come riportato da un passo dei Deipnosofistas di Ateneo (scritto negli anni 192-195 d.C.):
“Ecateo di Mileto, che assicura che la vite fu scoperta in Etolia, dice anche quanto segue: ‘Oresteo, il figlio di Deucalione, si recò in Etolia per ricevere il governo reale, e una sua cagna partorì uno ceppo. Egli ordinò di interrarlo e da questo nacque una vite abbondante in uva; per questo chiamò suo figlio Fitio (Concepitore). Da questo nacque Eneo, che ricevette il suo nome dalla vite”, dato che gli antichi greci, dice Ateneo, chiamavano le viti oínai.’” (Ateneo, II, 35B).


Oresteo era un cacciatore e il suo nome significa “uomo delle montagne”. La cagna che partorisce il ceppo dalla quale nascerà la prima vite è una rappresentazione simbolica del “cane” della costellazione di Orione, cioè la stella Sirio. Si riteneva che l’apparizione stagionale di questo astro fosse responsabile della maturazione della vite. E’ stato fatto notare che “il sottinteso del mito di Oresteo consiste in un rapporto di equivalenza tra la gestazione della cagna e il processo di maturazione della pianta nella terra (Massenzio, 1969, p. 51). Nel mito, Oresteo è figlio di Deucalione, che fu l’unico uomo sopravvissuto al diluvio insieme all’unica donna sopravvissuta, Pirra. Quindi, l’origine della vite è collocata ai tempi mitici degli inizi di una nuova generazione umana, l’ultima secondo l’ordine cronologico dell’antropogonia greca[…] 
L'articolo è preso dalla seguente fonte:

domenica 12 luglio 2015

Tagliere di capocollo di Martinafranca e...

Oggi l'enogastronomia Povero propone

TAGLIERE DI CAPOCOLLO DI MARTINAFRANCA 
CON FICHI E CAPRINO DEL SALENTO AFFINATO AL FIENO

Accompagnato da meravigliose bollicine di 
MELAROSA della cantina DUE PALME

Il capocollo che proponiamo è parte del presidio SLOW FOOD

  Il capocollo o coppa è un salume stagionato ottenuto dalla lavorazione della porzione superiore del collo del maiale e da una parte della spalla. Il nostro prodotto viene prodotto artigianalmente seguendo quattro fasi. Nella prima fase il capocollo viene salato in un miscuglio a base di sale, pepe e aromi naturali per 10 giorni. Successivamente viene messo a bagno nel vin cotto per circa 12 ore, poi insaccato nel budello di maiale e legato in un panno stretto. La seconda fase è la stagionatura all’interno di un trullo martinese per 2 giorni. La terza fase è l’affumicatura usando il timo e la corteccia di fragno (albero di quercia che si trova solo nel Bosco Pianelle di Martina Franca). La quarta fase è l’ultima stagionatura che consiste nel conservare il prodotto per circa 90/180 giorni sempre nel trullo affinché migliora, grazie alla sua freschezza, tutte le qualità del capocollo.

Il MELAROSA

                                             


MELAROSA Spumante Rosato Extra Dry
UVAGGIO: Negroamaro
SPUMANTIZAZIONE: Metodo Charmat
NOTE DEGUSTATIVE: I profumi sono delicati, con sentori freschi, fragranti di piccoli frutti rossi, ma anche floreali di bella piacevolezza. In bocca è delicato, morbido ed equilibrato, di gradevole freschezza e scorrevolezza.
GRADAZIONE ALCOLICA: 12% circa
TEMPERATURA DI SERVZIO: 6°- 8° C
ABBINAMENTI: Vino spumante da apprezzare come aperitivo, antipasti leggeri, piatti a base di verdure e frutti di mare.

mercoledì 8 luglio 2015

Pezzetti di cavallo al sugo

Narra la leggenda che il cavallo, come fedelissimo collaboratore nella vita dei contadini del Salento, era tenuto in massima considerazione. Cosicchè quando si avvicinava per lui l'ora della fine, veniva macellato e le sue carni venivano mangiate per conservarne memoria e come segno di rispetto. Nulla di quella importante vita doveva andare perso.

Oggi l'enogastronomia povero propone 

PEZZETTI DI CAVALLO AL SUGO


Cucinati rigorosamente in pentole di coccio, i "pezzetti" (così si chiamano confidenzialmente) prevedono una cottura di almeno 3 ore a fiamma bassa. Nella "pignata" verranno cotti con salsa di pomodoro, cipolla, sedano, carota, alloro, pepe nero, peperoncino, sale, olio EVO e vino rosso per sfumare. Ovviamente questa è una ricetta tipica, la stupenda meraviglia di questi piatti è che ogni paese, ogni famiglia ha le sue varianti. Assaggiare per credere quelli dell'enogastronomia Povero...

Per un piatto imponente ed importante, altrettanto imponente deve essere il vino. Quindi un ottimo Primitivo rinfrescato nel
secchiello del ghiaccio per portarlo a temperatura "infernot"* è la morte sua.
La scheda di un ottimo prodotto la trovate QUI







*Gli infernot sono le vecchie cantine monferrine di solito costruite sotto le abitazioni più grandi e lussuose. O di famiglie numerose.
Sono profonde diversi metri, scavate direttamente in una particolare roccia simile al tufo (la Pietra da Cantoni, presente solo nel Basso  Monferrato) a forti picconate.
Gli originari proprietari, e costruttori, sebbene non avessero ampie nozioni di edilizia o di geologia, costruirono opere perfette: non si conosce storia di una cantina crollata o pericolante! La temperatura interna è costante e perfetta per la conservazione dei vini.

sabato 4 luglio 2015

I Carpacci di terra

Dei carpacci  abbiamo detto, oggi lo chef propone la lista dei suoi CARPACCI DI TERRA di:



  • Manzo spagnolo
  • Fesa di tacchino al miele
  • Bresaola di Black Angus
  • Bresaola di carpaccio
  • Manzo marinato
Lo chef propone in abbinamento ai carpacci di terra uno stupendo ROSATO della Masseria Altemura.


Dal Negroamaro dei vigneti di Masseria Altemura si ricava un vino che rispecchia pienamente una vera e propria tradizione, quella dei rosati pugliesi, contraddistinti dall’equilibrio tra struttura e freschezza. Questo rosato Salento IGT è ottenuto da un attento lavoro di selezione delle uve in purezza che, una volta vinificate, prendono il colore delle sfumature dei mari che lambiscono la costa salentina al tramonto e i profumi che si levano insieme al Grecale. Cerasuolo luminoso, bon-bon al lampone, iris, pepe rosa e nuance minerali. Un rosato che si ricorda per una delicata sapidità e chiude su una persistenza finemente fruttata.



Classificazione

Salento IGT

Zona di produzione

Agro di Torre Santa Susanna, Salento

Uve

Negroamaro in purezza

Vinificazione e affinamento

Le uve vengono delicatamente pigiate e diraspate, la macerazione dura circa sei ore, estraendo così gli aromi, una piccola parte di sostanza colorante e pochissimi tannini. La vinificazione è condotta a temperatura controllata con l’obiettivo di mantenere tipicità nei profumi e nel gusto del futuro vino.

Colore

Rosa tendente al ciliegia brillante e luminoso

Profumo

Delicato e gradevolmente fruttato, ampio, intenso e persistente con note di mora, lampone e frutta rossa.

Sapore

Fresco, armonico e strutturato, delicatamente caldo con gradevole fondo lievemente amarognolo.

Abbinamenti gastronomici

Vino a tutto pasto, particolarmente adatto per antipasti saporiti, minestre di verdure, zuppe e primi di pesce nonchè pesce alla griglia e carni bianche.

Temperatura di servizio

Va servito intorno ai 14° - 16° C.

Gradazione alcolica

12,5% in volume.

domenica 28 giugno 2015

I carpacci di mare

Giuseppe Cipriani, il grandissimo chef dell'Harrys Bar in Venezia, nel 1950 aveva a tavola la contessa Amalia Nani Mocenigo (la famiglia Mocenigo, di nobilissime origini, veneziana, annovera prelati, dogi, militari, scrittori).
I medici vietarono alla contessa la carne cotta e il Cipriani le preparò un piatto di carne cruda al quale diede il nome del pittore dei dogi: Vittore Carpaccio. 
Alla contessa vennero servite sottilissime fettine di controfiletto di manzo disposte in piatto da portata e decorate con salsa. 
Il carpaccio può essere di carne o di pesce. La cucina piemontese, in particolare, ha un suo capraccio, la "carne all'albese" che prevede una guarnizione di parmigiano in scaglie e tartufo. Sempre in Piemonte esiste la cosiddetta: carne cruda. Si tratta di carne trita battuta "al coltello", aglio, olio, sale e pepe.

Questa volta L'enogastronomia Povero ci propone la lista dei carpacci di mare, in particolare:
  • DI filetto di salmone scozzese
  • Di tonno scottato
  • Di polpo
  • Di pesce spada
Il sommelier ci propone di abbinare il carpaccio di mare con un Pinot Grigio Franz Haas. 
Caratteristiche del vino: 


Colore giallo paglierino intenso. Profumo con eleganti note floreali ed aromi che ricordano i fiori bianchi, la frutta secca, e le erbe aromatiche. Al palato è pieno e ricco ma sempre elegante e delicato.
note eleganti di sambuco, pistacchi e petali di rose. Al palato è morbido con decisa nota minerale

Tipo:
 vino bianco fermo, di medio corpo, morbido e fruttato, con note floreali e minerali
Classificazione: 
Alto Adige DOC
Gradazione alcolica:
 12,5% vol.
Uve: Pinot Grigio
Contenuto: 75,0 cl
Zona di produzione: Regione Trentino Alto Adige

Vinificazione e affinamento:
 La fermentazione del mosto avviene a temperatura controllata in acciaio ed in piccole botti di rovere (barrique). Successivamente il vino matura per circa 4 mesi sui lieviti, periodo necessario per aumentarne corpo, profondità e struttura

Abbinamento: primi piatti a base di pasta e cereali, piatti di verdura e carne bianca alla griglia.
Riconoscimenti:Gambero Rosso 2015: Annata 2013 - 2 bicchieri
Guida Vini d’Italia Gambero Rosso 2014:
 Annata 2012 - 2 bicchieri
Gambero Rosso: Annata 2010 2 bicchieri
Luca Maroni: 90
Espresso: 20


mercoledì 24 giugno 2015

Tempo di crostini

La lista dei meravigliosi crostini proposti dall'enogastronomia Povero:

Con Guanciale al Brandy
Con Gorgonzola Castagna 
Con Speck d'oca
Con la N'duja
Con Lardo di Pata Negra
Vegetariani


Guanciale al brandy. Il guanciale è un prodotto tipico umbro, che richiede tecniche di preparazione dell’arte dei Mastri Norcini. È ottenuto da suini nazionali pesanti, più precisamente dalle guance. Quello proposto da Marco è stagionato per 60 giorni, impreziosito dalla marinatura a bagno di Brandy e ricoperto di pepe bianco e cannella.

Il gorgonzola Castagna D.O.P. è un formaggio a pasta bianca, morbida con venature regolari. Nel Gorgonzola piccante invece la pasta compatta assume un’erborinatura molto più diffusa. Questo prodotto a “fermentazione naturale” viene stagionato  in  cantine sotterranee  per 180 giorni: raggiunta la maturazione il sapore rende al massimo per tonalità e rotondità di sapore.

Speck d'oca. I petti d’oca vengono posizionati a strati (circa una decina) in una speciale vasca per la marinatura e posizionati in un apposito locale a temperatura controllata dove stazionano per il tempo necessario ad assorbire i profumi delle spezie con le quali ogni strato è ricoperto, quindi avviene l’affumicatura a freddo possibilmente con legna di faggio inumidita. Lo speck viene quindi stagionato.

Lardo di Pata Negra.La particolarità di questo lardo sta nel fatto che esso viene ricavato da suini di razza “Iberico de Bellota” comunemente chiamato “Patanegra”; si tratta di maiali selvatici caratterizzati da una folta peluria nera o grigia. Tali maiali, nei mesi precedenti la macellazione, sono allevati allo stato brado, prevalentemente nella regione di Extremadura, o nelle vicinanze del paese di Jabugo (Huelva) o negli altipiani vicini a Salamanca, nutrendosi delle ghiande e delle erbe che trovano nei pascoli. Il maiale viene poi macellato al secondo anno di vita. 

N'duja. È tipica del Monte Poro: Spilinga (in provincia di Vibo Valentia) è il comune d'elezione, ma l'area di produzione è estesa a molti comuni del vibonese. Ilnome nduja deriva dal francese "andouille", che vuol dire "salsiccia". Non è tuttavia una salsiccia, per quanto possa assomigliarci, piuttosto parliamo di un salame splmabile. La nduja è fatta con carne di maiale, un po' di grasso, e molto peperoncino piccante.  
I crostini si sposano stupendamente con un Frizzantino Solandia, un vino veneto con sensazione di freschezza e briosità. Prodotto con uve di Garganega, Chardonnay, Sauvignon, è di colore paglerino con riflessi verdognoli e spuma candida. Ha un profumo penetrante e raffinato, si riconoscono fiori e frutta. Il sapore è secco, frizzante, leggero. 

sabato 20 giugno 2015

Marco propone: Testun ubriaco e Oltreme



"Testun"   in   piemontese     significa testa dura. Questo meraviglioso formaggio è   a pasta semidura, storicamente prodotto con una miscela dei latti presenti negli allevamenti, vacca, pecora e capra. La forma della toma è cilindrica con dimensioni variabili dai 5 ai 7 Kg. con un diametro di 30 – 35 cm. ed uno scalzo diritto, alto 8 – 10 cm. La pasta di colore biancastro o giallognolo, il sapore è dolce per il formaggio più giovane e diventa  piccante con la stagionatura. La crosta di colore giallo, ma dopo qualche mese di fabbricazione diventa più scura.
Alcune forme del famoso Testun, vengono destinate alla stagionatura nelle vinacce in piccole botti di rovere. Da qui nasce il “Testun Ciucat” ossia il testun ubriaco. Nel suo gusto spiccano i sentori di vino piemontese. Viene fatto stagionare per circa 1 mese e poi lasciato riposare sotto uno strato di vinacce per almeno altri 3 mesi. Un'esplosione di sapori che portano alla mente il monregalese, terra di produzione e nascita di questa meraviglia, le visioni delle Langhe, le parole di Pavese, Lajolo, Fenoglio. 

Coloregiallo paglierino
Odoregradevole
Sapore: delicato
Consistenza: semicompatta
Crosta: sottile e rugosa
Temperatura conservazione da 0 a+ 4° c


Un formaggio ben strutturato merita un vino capace di sfruttarne le caratteristiche ed esaltarle. Innanzi tutto sfatiamo la leggenda che i vini rossi debbono essere serviti a temperatura ambiente, noi in estate lo amiamo servito in secchiello di ghiaccio che lo rinfresca e lo porta a una temepratura che potremmo chiamare "cantina" un fresco naturale che ne esalta gli aromi. Il testun ubriaco merita un accompagnamento come OLTREME delle Cantine Rubino. La scheda così recita: 

Oltremé, Susumaniello Igt Salento Rosso è un vino dalla trama affascinante. Armonico ed avvolgente, incanta per la sua armonia, persistenza ed, eleganza ed equilibrio.
Tipologia: rosso – IGT Salento

  • Vitigno: Susumaniello 100%
  • Gradazione alcolica: 13,50% vol.
  • Dati analitici: pH 3,70 – acidità totale 5,90 g/l
  • Zona di produzione: Brindisi
  • Altitudine: sul livello del mare
  • Tipo di terreno: sabbioso
  • Sistema di allevamento: cordone speronato
  • Piante per ettaro: 6.000
  • Anno di impianto: 2004
  • Resa per ettaro: 70 quintali
  • Vendemmia: primi giorni di ottobre
  • Fermentazione: in serbatoi d’acciaio
  • Macerazione: 10 giorni a temperatura controllata
  • Fermentazione malolattica: svolta interamente
  • Affinamento: in serbatoi d’acciaio
  • Affinamento in bottiglia: 2 mesi
  • Annate prodotte: 2011, 2012
  • Produzione annuale: 30.000 bottiglie
  • Temperatura di servizio: 15°-18° C

NOTE DI DEGUSTAZIONE

  • Colore: rosso rubino intenso con riflessi violacei.
  • Olfatto: fragranti e fresche note di frutta a bacca rossa, tra cui spiccano ciliegia, melagrana, lamponi e sentori che ricordano la prugna matura.
  • Palato: sapido, minerale, rotondo con tannini piacevoli e morbidi che lo rendono particolarmente piacevole nella beva.
  • Caratteristiche: vino armonico ed avvolgente, dalla trama elegante e persistente, incanta per la sua armonia, per la persistenza e per  eleganza. Singolari e particolari legati all'unicità del vitigno.
  • Abbinamenti gastronomici: versatile e seducente, predilige i piatti saporiti come le melanzane e i peperoni ripieni, le orecchiette al pomodoro, il risotto con i funghi porcini. Molto piacevole la combinazione con salumi, formaggi non troppo stagionati, arrosti di carne misti e la possibilità di apprezzarne le sue qualità in tanti piacevoli momenti.

RICONOSCIMENTI

Oltremé 2012
  • Oscar Bere Bene – (Guida Bere Bene Gambero Rosso 2014)