venerdì 29 maggio 2015

Arbulu te ulie di Mino De Santis

Mino De Santis, un cantautore che "legge" il Salento.


                           

giovedì 28 maggio 2015

Purpu a pignata

Il polpo, “dai molti piedi” come dice l’etimologia del suo nome, dal greco πολύς (polýs), "molto", e πούς, (póus), “piede”,  è un cefalopede della famiglia Octopodidae.
A lui si accompagnano anche delle leggende. Famosissima quella di Tellaro, borgo di pescatori vicino a Lerici, in provincia di La Spezia.

Se Otranto venne salvata da una prima invasione da una serpe che bevve l’olio del faro facendolo spegnere e perdere così la rotta agli invasori, Tellaro venne salvata invece dai saraceni che stavano per saccheggiare il villaggio proprio da un polpo che, vedendoli, allungò i suoi tentacoli fino al cielo, trovando la corda delle campane della chiesetta di S. Giorgio. Suonò le campane nella notte, svegliò il paese intero e gli invasori vennero respinti. L’epigrafe nella chiesetta ancora oggi ricorda come:
Saraceni Mare Nostrum infestantes sunt nocti profligati. Quod polipus aer cirris suis sacrum pulsabat.

Oppiano di Anazarbo nel suo Halieutica così dice dei polpi:

“Nessuno ignora l’arte dei polpi che, simili agli scogli sui quali si modellano, vi attaccano i bracci. Imbrogliando così i pescatori e i pesci più grandi di loro, riescono a sfuggire a entrambi. Quando incontrano un pesciolino, abbandonano la forma, l’apparenza di pietra e riappaiono sotto quella di polpi e esseri viventi; con questa accortezza, assumono alternativamente un aspetto diverso e si sottraggono alla morte”.



Per noi, più prosaicamente il polpo è una delle prelibatezze da offrire nei nostri menu.
Il Purpu a pignata è un piatto tipico della cucina salentina.
La “pignata” non è una pentola qualunque, deve essere proprio quella di terracotta che un tempo si metteva sulla stufa o sulle braci del camino e che consente  cotture lente e molto lunghe. Ideale anche per i risotti che cuociono gradualmente e con delicatezza, ma questo è altro discorso.

La saggezza popolare salentina insegna che “lu purpu se coce cu l’acqua soa stessa”, nella pignata si aggiungono aromi, patate, odori e si lascia cuocere a lungo, finchè le carni sono tenere, finchè il sapore è intenso. Si raccomanda però di seguire il consiglio, niente aggiunta di acqua o sale.  

Sulla scelta del vino da abbinare possiamo tranquillamente cercare un bel rosso dal sapore sapido, rotondo, equilibrato con tannini morbidi al palato ed una buona persistenza con decisa freschezza e corposità del frutto nel finale. Noi ci affidiamo ad un ottimo

NEGRAMARO DELLA MASSERIA ALTEMURA

Vitigno autoctono del Salento, il Negramaro esprime e sprigiona tutto il calore della sua terra. Le sfumature di rosa, fragole, rosmarino ne accompagnano la degustazione.



Scheda tecnica:  

Classificazione

Salento IGT

Zona di produzione

Agro di Torre Santa Susanna, Salento

Uve

Negroamaro in purezza

Vinificazione e affinamento

Le uve vengono delicatamente pigiate e diraspate, la macerazione dura circa otto giorni durante i quali il vino acquista la sua personalità. Completata la vinificazione, il vino matura per 12 mesi in piccole botti di rovere cui fa seguito un ulteriore periodo di affinamento in bottiglia.

Colore

Rosso rubino carico

Profumo

Ampio ed intenso con note di more, ciliegie e frutta rossa matura, confettura e una dolce speziatura con sentori persistenti di caffè, cioccolato e liquirizia.

Sapore

Sapido e rotondo, equilibrato e di grande piacevolezza con tannini morbidi al palato, buona persistenza con decisa freschezza e corposità del frutto nel finale.

Abbinamenti gastronomici

Vino di ottimo corpo particolarmente adatto per accompagnare carni rosse grigliate anche di cavallo, specialità tipica locale, formaggi stagionati, piccanti ed erborinati.

Temperatura di servizio

Va servito intorno ai 18° C.

Gradazione alcolica

13% in volume


martedì 26 maggio 2015

mercoledi 27 maggio con il Sax di Silvio Bonea

Mercoledi 27 maggio alle 21,30 

all'enogastronomia Povero 

performance di 

SILVIO BONEA

al sax


ph: www.30artgalery.com

domenica 24 maggio 2015

Ciceri e tria

Marco propone:


CICERI E TRIA

Fra il 35 e il 30 A.C., Orazio descriveva, nelle sue Satire una minestra di ceci, porri e lagane (laganum in latino, pasta sfoglia). Più avanti in Salento si diffuse la pasta chiamata Tria in arabo (o ytria, o ytrya). Una pasta secca che letteralmente tradotto significa “focaccia tagliata a strisce”.



La pasta è semplice, fatta con farina e acqua, il formato è quello delle tagliatelle, viene fatta cuocere normalmente in acqua bollente, tranne una parte che viene fritta in olio caldo finché raggiunge un bel colore ambrato.
Nel frattempo si cuociono i ceci dopo adeguata preparazione, si unisce la pasta bollita e le tria fritte ai ceci.

A ciceri e tria viene abbinato un meraviglioso Five Roses  delle Cantine De Castris.
Fondata nel 1665 dal Duca Oronzo Arcangelo Maria Francesco Conte di Lemos (nipote di Ferrante e Francisco, entrambi viceré spagnoli in Italia), la Cantina Leone De Castris prosegue ancora oggi la sua produzione imponente per qualità e quantità.  
Il Five Roses è un vino a suo modo “magico”, con una storia importante, ha radici nel 1943, quando Piero De Castris decise, primo in Italia, di imbottigliare il vino rosato. La guerra aveva spaccato l’Italia in due, la famigerata linea gotica era il confine dal quale non passavano né persone né merci, il vino prodotto in Puglia non poteva essere portato dagli abituali clienti del nord e francesi. Piero decise coraggiosamente, avendo come spalla la meravigliosa moglie Lisetta, l’imbottigliamento del prodotto. Come moltissimi geniali innovatori, venne preso per pazzo dai suoi colleghi/concorrenti, quelli legati ad una concezione feudale dei loro “imperi”. Fu una vera rivoluzione nella vinificazione salentina.

Il Five Roses, rosato di negramaro e malvasia nera, ha caratteristiche che ancora oggi lo pongono ai primissimi posti nell’enologia salentina. Dalla scheda tecnica De Castris leggiamo:

UVE  Negroamaro (90%), Malvasia Nera di Lecce (10%)

VENDEMMIA Raccolta manuale in cassetta con selezione dei grappoli nella prima decade di settembre

ZONA DI PRODUZIONE Salice Salentino

ALLEVAMENTO VITI Alberello con 7.000 ceppi per ha

RESA IN UVA PER HA 75 q.li

ETÀ MEDIA DEI VIGNETI 35 anni

VINIFICAZIONE Macerazione pellicolare delle uve (temperatura di 10 °C) per 5-6 ore e successiva estrazione del mosto fiore (max 35%). Dopo la decantazione statica si avvia la fermentazione alcolica in tini di acciaio inox alla temperatura di 14 – 16 °C.

GRAZIONE ALCOLICA 12,00 % Vol.


giovedì 21 maggio 2015

Le specialità del mese: Tartare di Salmone e Tonno

TARTARE DI SALMONE E TONNO

Una leggenda irlandese dice del salmone della saggezza. Un Salmone si nutrì di nove nocciole cadute nel pozzo della saggezza. Così acquisì  tutto il sapere del mondo. Per di più, ogni persona che ne avesse mangiato le carni ne avrebbe a sua volta, assorbito la conoscenza. Quando il poeta Finn Eces riuscì a pescarlo, lo diede al suo servitore Fionn Mc Cumhaill perchè lo cucinasse a dovere. Fionn  si bruciò con il grasso bollente del pesce e per placare il dolore si succhiò il dito. Questo semplice gesto gli fece acquisire ogni conoscenza possibile e gli permise di diventare leader dei Fianna, gli eroi del mito d'Irlanda.

Da mito a mito,  la tartare, che consiste nel consumare carne cruda o pesce, preventivamente tritati e messi a macerare con limone e componenti varie, prende il nome dal popolo tartaro. Questi guerrieri erano sempre in movimento, non avevano il tempo per cucinare, così mettevano la carne essicata sotto la sella del cavallo per trovarla, al momento di consumarla, ammorbidita e sfibrata.

Leggende, ovviamente, la proposta di Marco è invece un antipasto o un secondo decisamente adatto per il caldo estivo, una tartare di ottimi salmone e  tonno serviti con sapienza e accompagnati da un fresco calice di 

Falanghina Polvanera


Varietà: Falanghina 100% da vigneti siti a Gioia del Colle in località Marchesana.
Forme di allevamento: Viti allevate a cordone speronato; viti per ettaro 4.000.
Suolo: terreni calcareo-argillosi a medio impasto.
Produzione: 70hl/ha.
Tecnica di produzione:
raccolta manuale delle uve in cassette. Spremitura soffice; fermentazione del mosto in contenitori di acciaio inox ad una temperatura di 14° per diciotto
giorni.
Gradazione alcolica: 12%
Note di degustazione:
Colore giallo paglierino, di bella luce cristallina. Profumi intensi e fini di bergamotto, pesca, albicocca, banana, camomilla, melissa e salvia. Gusto cremoso ed equilibrato, ravvivato da una gradevole corrente fresco-sapida; finale abbastanza persistente percorso da ritorni citrini e di erbe aromatiche
 

Marco consiglia: Copeta Stella con Passito di Cantele



Vincenzo Stella nacque nel 1861, all'età di vent'anni iniziò la sua attività di dolciario. Dopo di lui ben quattro generazioni hanno portato avanti la sua passione e il suo lavoro. Una sola cosa è rimasta invariata nel tempo: le ricette. Copeta, mustaccioli ed altre delizie accompagnano la famiglia Stella e il bisnipote Vincenzo che ne porta avanti l'attività.



La Copeta (o Cupeta) è un dolce tipico della Calabria, della Puglia e della Sicilia.  Ma è presente con alcune varianti in altre zone d'Italia, citiamo il mandorlato veneto. 
A base di Mandorle, miele, zucchero, in alcuni casi sesamo, prende il nome dall'arabo qubbayt (conserva dolce). Nato come un dolce natalizio, ora è presente in ogni stagione, soprattutto in estate nelle mille sagre e fiere. 

Marco propone la mirabolante COPETA STELLA accompagnata da un Passito  di Cantele.





VITIGNO : 100% Fiano.
ZONA DI PRODUZIONE : Manduria, Pulsano (TA).
FORMAZIONE : Cordone speronato addestrato (4.500 piante per ettaro).
VENDEMMIA : Seconda metà di settembre con un po 'vendemmia tardiva.
VINIFICAZIONE : Le uve vengono raccolte in cassette di piccole dimensioni che vengono poi utilizzati per fare essiccare l'uva in un unico stack in un loft coperto con controllo della temperatura e dell'umidità. Dopo circa 2 mesi, le uve vengono pressate per ottenere un denso, dolce mosto che fermenta lentamente per qualche settimana, prima in serbatoi di acciaio inox e poi in barriques e tonneaux.
INVECCHIAMENTO : Almeno 2 anni in botte e poi in acciaio inox e bottiglia
INVECCHIAMENTO POTENZIALE : Questo è un vino molto particolare, che continuerà ad evolversi nel tempo e premiare l'amante paziente vino.
COLORE : oro brillante con sole, nuance luminose
PROFUMO : Molto intenso, come se fosse prodotta in un alveare ricco di aromi floreali e di frutta. Miele di acacia e mela Cane. Fiori d'arancio e bergamotto.
SAPORE : Al palato questo vino rivela infiniti strati di sensazioni delicate, lisce, con equilibrio perfetto tra la sua freschezza e carattere aromatico. La dolcezza di questo vino al palato ricorda un po 'di "baci desiderati, ma non avete mai osato dare ..."


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 .

domenica 17 maggio 2015

Marco propone: Orecchiette alla crudaiola

Secondo accreditati studiosi sono di origine provenzale. Era una pasta piuttosto spessa, tagliata a forma rotonda, incavata nel centro per facilitarne l'essiccazione e la conservazione. Imbarcate sulle navi mercantili arrivarono in Puglia  dove divennero piatto locale per eccellenza e che gli angioini battezzarono “Orecchiette” per la loro forma.   
Altri le fanno nascere a Sannicandro di Bari, simili per forma alle “orecchie di Haman”, un tipo di pasta di origini piemontesi occitane.
In Puglia, dove divennero praticamente bandiera gastronomica riconosciuta a livello planetario, possiamo trovarle con il nome di: “strascinatt” nel barese, “chiancarelle” nel tarantino, “stacchiodi” a Latiano.
La ricetta è “povera”: farina di grano duro, acqua e sale. Si cucinano in molte varianti, la più classica è quella con cime di rapa.



Marco propone invece un piatto stupendo: 

Orecchiette alla crudaiola” 

condite con Pomodori, Basilico, Mozzarella, Caio ricotta, Olio EVO.

Accompagnato da un freschissimo
Cardonnay di Cantele.

Vitigno a bacca bianca definito l’internazionale per eccellenza, capace di dare ottimi risultati in tutte le parti del mondo dove viene coltivato, regalando vini molto eterogenei sotto il profilo organolettico e in base anche al tipo di elaborazione. Originario della zona del Maconnies (Borgogna), dove tra l’altro è situato il piccolo paese di Chardonnay, risulta particolarmente diffuso in Borgogna e nella regione dello Champagne. Piccola curiosità ancora in cerca di conferma scientifica: potrebbe aver avuto origine spontanea tramite l’ incrocio di due vitigni, il Pinot nero e un vitigno originario della zona dei Balcani, lo Gouaias blanc.

Dalla scheda Cantele leggiamo:

COLORE: Giallo paglierino con fugaci accenni verdolino.
NASO: Vengono dapprima liberati il mughetto, la magnolia, la ginestra, il tiglio; all’incremento olfattivo si aggiunge la frutta in fase di maturazione e un allettante erbaceo.
PALATO: La struttura alcolica contrapposta alla freschezza e la sapidità “saziano” le aspettative di un vino immediato e piacevole. Nel finale le riproposizioni olfattive lasciano il ricordo intenso dell’armonia di questo vino.


giovedì 14 maggio 2015

Le specialità del mese : crostini con acciughe Cantabrico e tonno rosso con cipolla di tropea


Crostini con Acciughe del Cantabrico

Le acciughe fanno il pallone
Che sotto c’è l’Alalunga
Se non butti la rete
Non te ne lascia una

Alla riva sbarcherò
Alla riva verrà gente
Questi pesci sopresi
Li venderò per niente…





A nord della Spagna le sue acque si confondono con quelle dell’oceano Atlantico. Nel Mar Cantabrico di fondono le correnti fredde del mare del nord e quelle temperate tropicali,  è il luogo dove i forti venti del nord permettono la crescita di quelle che sono considerate le migliori acciughe al mondo. Loro fanno si il pallone, per difendersi dal loro convivente, il re del Cantabrico, il tonno Bonito detto Alalunga.
Acciughe “spesse”, polpose, saporite. L’acqua ossigenata come si deve contribuisce a far loro generare e crescere quella coltre di grasso che ne esalta il sapore.
Vengono pescate in primavera/estate, quando risalgono in superficie.
Acciughe, ovviamente, accompagnate con un eccezionale Sauvignon Franz Haas
Vino giallo paglierino, con aromi di pesca bianca, sambuco, frutta secca e aromi orientali. Un abbinamento perfetto!


Tonno rosso sott’olio su letto di cipolle di Tropea

Il tonno rosso, appartenente alla famiglia delle Scombridae e conosciuto anche come Tonno pinna blu, è eccezionalmente buono e versatile in cucina. Frequenta mari con temperature mai inferiori ai 10° e si avvicina raramente alle coste. Ottimo da consumare crudo, è prediletto, ahinoi, dai giapponesi che lo consumano in sushi e sashimi. La pesca ne è rigorosamente controllata per evitarne l’estinzione.


La cipolla rossa di Tropea è un vero e proprio unicum della produzione italiana. Dolce, deliziosamente “morbida” (qualità dovute alla considerevole quantità di glucosio, saccarosio e fruttosio che contiene), altamente digeribile e ricca di vitamine, la si trova in numerosissime ricette, non ultima la marmellata di cipolla di Tropea.
Involucro rosso su “tuniche” concentriche bianche, viene coltivata da oltre 2000 anni nella zona di Tropea dove il microclima, la vicinanza del mare, il terreno fresco e “limoso” e la mancanza di sbalzi di temperatura, rendono unica la riuscita del raccolto. Importata dai Fenici, immediatamente venne “adottata” dagli abitanti della Calabria. 
Marco la propone come ideale accompagnamento del tonno rosso sott’olio, meraviglioso abbinamento nel quale il sapore del tonno esalta quello della cipolla e viceversa.

Come ideale accompagnamento cosa meglio di  un vino dal profumo delicato, fragranza di frutti rossi e fiori, morbido, equilibrato. Nulla meglio delle bollicine di un rosato con bollicine: 

Melarosa due Palme 

giovedì 7 maggio 2015

Parmigiana di Melanzane

Forse nacque come piatto povero: melanzane dell’orto, salsa di pomodoro e mozzarella. Ingredienti che si trovavano con facilità ed era nutriente al punto giusto. Poi divenne il piatto delle feste, soprattutto della vigilia di Sant’Oronzo, il 25 agosto, quando, come in ogni vigilia, era bene mangiare “di magro”. Il dì della festa la tradizione prevedeva galletto invece.
ph:www.cosedicasa.com
Intanto la fantasia e le disponibilità economiche arricchivano il piatto, si aggiunsero uova sode, pecorino e tutto ciò che la fantasia prevedeva. Nei giorni non di magro non mancavano mortadella, polpette, prosciutto.
Oggi è uno dei piatti forti e tipici della gastronomia salentina, di ricette ne esistono moltissime, proprio per la sua poliedrica composizione.
Il nome rimane invece un mistero, non deriva sicuramente dalla città di Parma, neppure dal noto formaggio, che all’epoca qui era sostituito dal pecorino. C’è chi lo fa risalire al siciliano “parmiciana”, persiana dalle tipiche liste di legno sovrapposte, chi a “petronciana” nome dialettale della melanzana.

Fra le ricette “ufficiali” ne prendiamo una “Salento in tavola” di Lucia Gaballo D’Errico (Congedo editore).

Parmigiana di Melanzane

Melanzane 1 Kg.                                                        
    6 uova
200 gr. Di mortadella                                                 
    2 mozzarelle
200 gr. Di carne macinata                       
100 gr. Formaggio pecorino
       Olio, sale.

Sbucciare le melanzane, tagliarle a fette dello spessore di ½ cm. Cospargerle di sale e lasciarle in una ciotola un’ora circa possibilmente al sole.  Asciugarle bene, passarle nella farina e nell’uovo sbattuto e friggerle in abbondante olio bollente. Eliminare con carta assorbente l’eccesso di olio. A parte preparare una salsa di pomodoro fresco e polpettine di carne (carne trita, pan grattato, pecorino, sale).
Disporre in una teglia da forno uno strato di melanzane, pecorino, salsa, mozzarella a cubetti, polpettine e mortadella. Proseguire con gli strati e si ultima con salsa di pomodoro con basilico fresco.  Infornare finchè non si forma un crosticina. Lasciare intiepidire e servire.  Il forno ideale sarebbe quello antico, a legna e brace.

Una buona parmigiana si accompagna con  ottimo rosato. Marco suggersice un Five Roses delle cantine De Castris. Ricordando che Five Roses non è "solo" un vino. E' la creatività di un illuminato industriale del vino che durante la seconda guerra mondiale volle salvare non solamente la sua azienda, ma anche e forse soprattutto, il rapporto con chi nell'azienda lavorava, gli uomin ie le donne che avrebbero sofferto privazioni ben più grandi di quelle patite. 

Scheda del Five Roses (a cura della Cantina De Castris)

UVE
Negroamaro (90%), Malvasia Nera di Lecce (10%)
VENDEMMIA
Raccolta manuale in cassetta con selezione dei grappoli nella prima decade di settembre
ZONA DI PRODUZIONE
Salice Salentino
ALLEVAMENTO VITI
Alberello con 7.000 ceppi per ha
RESA IN UVA PER HA
75 q.li
ETÀ MEDIA DEI VIGNETI
35 anni
VINIFICAZIONE
Macerazione pellicolare delle uve (temperatura di 10 °C) per 5-6 ore e successiva estrazione del mosto fiore (max 35%). Dopo la decantazione statica si avvia la fermentazione alcolica in tini di acciaio inox alla temperatura di 14 – 16 °C.
GRAZIONE ALCOLICA
12,00 % Vol.