giovedì 28 maggio 2015

Purpu a pignata

Il polpo, “dai molti piedi” come dice l’etimologia del suo nome, dal greco πολύς (polýs), "molto", e πούς, (póus), “piede”,  è un cefalopede della famiglia Octopodidae.
A lui si accompagnano anche delle leggende. Famosissima quella di Tellaro, borgo di pescatori vicino a Lerici, in provincia di La Spezia.

Se Otranto venne salvata da una prima invasione da una serpe che bevve l’olio del faro facendolo spegnere e perdere così la rotta agli invasori, Tellaro venne salvata invece dai saraceni che stavano per saccheggiare il villaggio proprio da un polpo che, vedendoli, allungò i suoi tentacoli fino al cielo, trovando la corda delle campane della chiesetta di S. Giorgio. Suonò le campane nella notte, svegliò il paese intero e gli invasori vennero respinti. L’epigrafe nella chiesetta ancora oggi ricorda come:
Saraceni Mare Nostrum infestantes sunt nocti profligati. Quod polipus aer cirris suis sacrum pulsabat.

Oppiano di Anazarbo nel suo Halieutica così dice dei polpi:

“Nessuno ignora l’arte dei polpi che, simili agli scogli sui quali si modellano, vi attaccano i bracci. Imbrogliando così i pescatori e i pesci più grandi di loro, riescono a sfuggire a entrambi. Quando incontrano un pesciolino, abbandonano la forma, l’apparenza di pietra e riappaiono sotto quella di polpi e esseri viventi; con questa accortezza, assumono alternativamente un aspetto diverso e si sottraggono alla morte”.



Per noi, più prosaicamente il polpo è una delle prelibatezze da offrire nei nostri menu.
Il Purpu a pignata è un piatto tipico della cucina salentina.
La “pignata” non è una pentola qualunque, deve essere proprio quella di terracotta che un tempo si metteva sulla stufa o sulle braci del camino e che consente  cotture lente e molto lunghe. Ideale anche per i risotti che cuociono gradualmente e con delicatezza, ma questo è altro discorso.

La saggezza popolare salentina insegna che “lu purpu se coce cu l’acqua soa stessa”, nella pignata si aggiungono aromi, patate, odori e si lascia cuocere a lungo, finchè le carni sono tenere, finchè il sapore è intenso. Si raccomanda però di seguire il consiglio, niente aggiunta di acqua o sale.  

Sulla scelta del vino da abbinare possiamo tranquillamente cercare un bel rosso dal sapore sapido, rotondo, equilibrato con tannini morbidi al palato ed una buona persistenza con decisa freschezza e corposità del frutto nel finale. Noi ci affidiamo ad un ottimo

NEGRAMARO DELLA MASSERIA ALTEMURA

Vitigno autoctono del Salento, il Negramaro esprime e sprigiona tutto il calore della sua terra. Le sfumature di rosa, fragole, rosmarino ne accompagnano la degustazione.



Scheda tecnica:  

Classificazione

Salento IGT

Zona di produzione

Agro di Torre Santa Susanna, Salento

Uve

Negroamaro in purezza

Vinificazione e affinamento

Le uve vengono delicatamente pigiate e diraspate, la macerazione dura circa otto giorni durante i quali il vino acquista la sua personalità. Completata la vinificazione, il vino matura per 12 mesi in piccole botti di rovere cui fa seguito un ulteriore periodo di affinamento in bottiglia.

Colore

Rosso rubino carico

Profumo

Ampio ed intenso con note di more, ciliegie e frutta rossa matura, confettura e una dolce speziatura con sentori persistenti di caffè, cioccolato e liquirizia.

Sapore

Sapido e rotondo, equilibrato e di grande piacevolezza con tannini morbidi al palato, buona persistenza con decisa freschezza e corposità del frutto nel finale.

Abbinamenti gastronomici

Vino di ottimo corpo particolarmente adatto per accompagnare carni rosse grigliate anche di cavallo, specialità tipica locale, formaggi stagionati, piccanti ed erborinati.

Temperatura di servizio

Va servito intorno ai 18° C.

Gradazione alcolica

13% in volume


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