Il polpo, “dai molti
piedi” come dice l’etimologia del suo nome, dal greco πολύς (polýs),
"molto", e πούς, (póus), “piede”, è un cefalopede della famiglia Octopodidae.
A lui si accompagnano anche delle leggende. Famosissima quella di Tellaro, borgo di pescatori vicino a Lerici, in
provincia di La Spezia.
Se Otranto venne
salvata da una prima invasione da una serpe che bevve l’olio del faro facendolo spegnere e perdere così la rotta agli invasori, Tellaro venne salvata invece
dai saraceni che stavano per saccheggiare il villaggio proprio da un polpo che,
vedendoli, allungò i suoi tentacoli fino al cielo, trovando la corda delle
campane della chiesetta di S. Giorgio. Suonò le campane nella notte, svegliò il
paese intero e gli invasori vennero respinti. L’epigrafe nella chiesetta ancora
oggi ricorda come:
Saraceni Mare Nostrum infestantes sunt nocti
profligati. Quod polipus aer cirris suis sacrum pulsabat.
Oppiano di Anazarbo nel suo Halieutica così dice dei polpi:
“Nessuno ignora l’arte dei polpi che, simili agli scogli sui quali
si modellano, vi attaccano i bracci. Imbrogliando così i pescatori e i pesci
più grandi di loro, riescono a sfuggire a entrambi. Quando incontrano un
pesciolino, abbandonano la forma, l’apparenza di pietra e riappaiono sotto
quella di polpi e esseri viventi; con questa accortezza, assumono
alternativamente un aspetto diverso e si sottraggono alla morte”.
Per noi, più prosaicamente il polpo è una delle prelibatezze
da offrire nei nostri menu.
Il Purpu a pignata
è un piatto tipico della cucina salentina.
La “pignata” non è una pentola qualunque, deve essere
proprio quella di terracotta che un tempo si metteva sulla stufa o sulle braci
del camino e che consente cotture lente
e molto lunghe. Ideale anche per i risotti che cuociono gradualmente e con delicatezza,
ma questo è altro discorso.
La saggezza popolare salentina insegna che “lu purpu se coce cu l’acqua soa stessa”,
nella pignata si aggiungono aromi, patate, odori e si lascia cuocere a lungo,
finchè le carni sono tenere, finchè il sapore è intenso. Si raccomanda però di
seguire il consiglio, niente aggiunta di acqua o sale.
Sulla scelta del vino da abbinare possiamo tranquillamente
cercare un bel rosso dal sapore sapido, rotondo, equilibrato con tannini
morbidi al palato ed una buona persistenza con decisa freschezza e corposità
del frutto nel finale. Noi ci affidiamo ad un ottimo
NEGRAMARO DELLA MASSERIA ALTEMURA
Vitigno autoctono del Salento, il Negramaro esprime e
sprigiona tutto il calore della sua terra. Le sfumature di rosa, fragole,
rosmarino ne accompagnano la degustazione.
Scheda tecnica:
Classificazione
Salento IGT
Zona di
produzione
Agro di Torre Santa
Susanna, Salento
Uve
Negroamaro in purezza
Vinificazione
e affinamento
Le uve vengono
delicatamente pigiate e diraspate, la macerazione dura circa otto giorni
durante i quali il vino acquista la sua personalità. Completata la
vinificazione, il vino matura per 12 mesi in piccole botti di rovere cui fa
seguito un ulteriore periodo di affinamento in bottiglia.
Colore
Rosso rubino carico
Profumo
Ampio ed intenso con note
di more, ciliegie e frutta rossa matura, confettura e una dolce speziatura con
sentori persistenti di caffè, cioccolato e liquirizia.
Sapore
Sapido e rotondo, equilibrato
e di grande piacevolezza con tannini morbidi al palato, buona persistenza con
decisa freschezza e corposità del frutto nel finale.
Abbinamenti
gastronomici
Vino di ottimo corpo
particolarmente adatto per accompagnare carni rosse grigliate anche di cavallo,
specialità tipica locale, formaggi stagionati, piccanti ed erborinati.
Temperatura
di servizio
Va servito intorno ai 18°
C.
Gradazione
alcolica
13% in volume

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